Cristina Ferrario   |   Pubblicato il 29/11/2024

Secondo i risultati di uno studio recentemente pubblicato su JAMA Neurology, l’esposizione agli incendi – e in particolare alle particelle PM2,5 emesse nel corso di tali eventi – si associa a un incremento del rischio di demenza. “L’esposizione a lungo termine al particolato fine totale (PM2,5) è un fattore di rischio riconosciuto per la demenza, ma si sa meno del PM2,5 generato dagli incendi boschivi, una fonte di PM2,5 sempre più comune” spiegano gli autori guidati da Holly Elser, del Dipartimento di Neurologia all’Università della Pennsylvania a Philadelphia ed Editorial Fellow per JAMA Neurology.

Elser e colleghi spiegano che gli incendi boschivi hanno oggi un impatto regolare sulle popolazioni di tutti gli Stati Uniti, complici anche i cambiamenti climatici antropogenici che ne hanno aumentato la frequenza e l’intensità. Secondo i dati riportati nell’articolo, il PM2,5 generato dagli incendi boschivi rappresenta oltre il 70% dell’esposizione totale al PM2,5 nei giorni di scarsa qualità dell’aria in California.

Gli incendi rappresentano un problema anche in Italia. Sul sito del Dipartimento di Protezione Civile del Governo si legge che “ogni anno decine di migliaia di ettari di bosco bruciano a causa di incendi di natura dolosa o colposa, legate alla speculazione edilizia, o all’incuria e alla disattenzione dell’uomo. Negli ultimi trent’anni è andato distrutto il 12% del patrimonio forestale nazionale”. Sul sito sono riportate informazioni importanti per riconoscere il rischio e segnalarlo, oltre che i dati relativi alle attività del dipartimento stesso.

Cambiano le polveri sottili, cambia il rischio

Per il loro studio, Elser e colleghi si sono concentrati sul periodo 2008-2019, utilizzando per le loro analisi i dati delle cartelle elettroniche di oltre 1,2 milioni di adulti statunitensi di età superiore a 60 anni e membri della Kaiser Permanente Southern California (KPSC). L’esito primario era la demenza incidente, identificata utilizzando i codici diagnostici delle cartelle elettroniche e, in particolare, sono stati calcolati i rischi di demenza associati all’esposizione media a 3 anni di PM2,5 derivata o meno da incendi. Sono stati inoltre effettuati aggiustamenti per numerose caratteristiche sociali e demografiche, come età, sesso, stato civile, povertà, ecc.

Le analisi con modelli aggiustati hanno mostrato che un aumento di 1μg/m3 nella media triennale dell’esposizione al PM2,5 da incendi si associa a un incremento del 18% delle probabilità di diagnosi di demenza (odds ratio [OR] 1,18), mentre uno stesso aumento di esposizione a PM2,5 non legato a incendi si associa a un incremento dell’1% (OR 1,01). “Queste differenze possono essere determinate dalle diverse caratteristiche dei due particolati fini” spiegano gli esperti, ricordando che il PM2,5 originato dagli incendi contiene concentrazioni più elevate di composti ossidativi e pro-infiammatori, ha una dimensione media delle particelle più piccola ed è generato dalla combustione di materiali organici a temperature sostanzialmente più elevate rispetto al PM2,5 che non deriva dagli incendi.

Infine, le analisi hanno mostrato associazioni più forti in alcuni sottogruppi, tra i quali soggetti di età inferiore a 75 anni, minoranze razziali e persone residenti in quartieri con elevati tassi di povertà. “Questi ultimi risultati sottolineano l’importanza di una ricerca che consideri gli effetti dell’inquinamento atmosferico su sottogruppi di popolazione potenzialmente vulnerabili e che miri a identificare potenziali strategie per mitigare le disuguaglianze negli effetti dell’esposizione a questo tipo di inquinamento” concludono i ricercatori.

Anche gli incendi possono contribuire allo sviluppo della demenza

Cristina Ferrario   |   Pubblicato il 29/11/2024

Secondo i risultati di uno studio recentemente pubblicato su JAMA Neurology, l’esposizione agli incendi – e in particolare alle particelle PM2,5 emesse nel corso di tali eventi – si associa a un incremento del rischio di demenza. “L’esposizione a lungo termine al particolato fine totale (PM2,5) è un fattore di rischio riconosciuto per la demenza, ma si sa meno del PM2,5 generato dagli incendi boschivi, una fonte di PM2,5 sempre più comune” spiegano gli autori guidati da Holly Elser, del Dipartimento di Neurologia all’Università della Pennsylvania a Philadelphia ed Editorial Fellow per JAMA Neurology.

Elser e colleghi spiegano che gli incendi boschivi hanno oggi un impatto regolare sulle popolazioni di tutti gli Stati Uniti, complici anche i cambiamenti climatici antropogenici che ne hanno aumentato la frequenza e l’intensità. Secondo i dati riportati nell’articolo, il PM2,5 generato dagli incendi boschivi rappresenta oltre il 70% dell’esposizione totale al PM2,5 nei giorni di scarsa qualità dell’aria in California.

Gli incendi rappresentano un problema anche in Italia. Sul sito del Dipartimento di Protezione Civile del Governo si legge che “ogni anno decine di migliaia di ettari di bosco bruciano a causa di incendi di natura dolosa o colposa, legate alla speculazione edilizia, o all’incuria e alla disattenzione dell’uomo. Negli ultimi trent’anni è andato distrutto il 12% del patrimonio forestale nazionale”. Sul sito sono riportate informazioni importanti per riconoscere il rischio e segnalarlo, oltre che i dati relativi alle attività del dipartimento stesso.

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Cambiano le polveri sottili, cambia il rischio

Per il loro studio, Elser e colleghi si sono concentrati sul periodo 2008-2019, utilizzando per le loro analisi i dati delle cartelle elettroniche di oltre 1,2 milioni di adulti statunitensi di età superiore a 60 anni e membri della Kaiser Permanente Southern California (KPSC). L’esito primario era la demenza incidente, identificata utilizzando i codici diagnostici delle cartelle elettroniche e, in particolare, sono stati calcolati i rischi di demenza associati all’esposizione media a 3 anni di PM2,5 derivata o meno da incendi. Sono stati inoltre effettuati aggiustamenti per numerose caratteristiche sociali e demografiche, come età, sesso, stato civile, povertà, ecc.

Le analisi con modelli aggiustati hanno mostrato che un aumento di 1μg/m3 nella media triennale dell’esposizione al PM2,5 da incendi si associa a un incremento del 18% delle probabilità di diagnosi di demenza (odds ratio [OR] 1,18), mentre uno stesso aumento di esposizione a PM2,5 non legato a incendi si associa a un incremento dell’1% (OR 1,01). “Queste differenze possono essere determinate dalle diverse caratteristiche dei due particolati fini” spiegano gli esperti, ricordando che il PM2,5 originato dagli incendi contiene concentrazioni più elevate di composti ossidativi e pro-infiammatori, ha una dimensione media delle particelle più piccola ed è generato dalla combustione di materiali organici a temperature sostanzialmente più elevate rispetto al PM2,5 che non deriva dagli incendi.

Infine, le analisi hanno mostrato associazioni più forti in alcuni sottogruppi, tra i quali soggetti di età inferiore a 75 anni, minoranze razziali e persone residenti in quartieri con elevati tassi di povertà. “Questi ultimi risultati sottolineano l’importanza di una ricerca che consideri gli effetti dell’inquinamento atmosferico su sottogruppi di popolazione potenzialmente vulnerabili e che miri a identificare potenziali strategie per mitigare le disuguaglianze negli effetti dell’esposizione a questo tipo di inquinamento” concludono i ricercatori.