Elena Riboldi | Pubblicato il 10/12/2024
“Mamma, ho visto la testa di papà più grande!” Un bambino che parla così può mandare nel panico i genitori. Forse quello che sta cercando di comunicare sono i sintomi di una sindrome che, non a caso, prende il nome dal famosissimo libro di Lewis Carroll Alice nel paese delle meraviglie (Alice In Wonderland Syndrome, AIWS). È bene conoscerne l’esistenza, anche perché si può manifestare in corso di un evento infettivo, tra cui l’infezione da SARS-CoV-2, in età pediatrica. A rivelarlo è uno studio italiano pubblicato sulla rivista Pediatric Neurology.
Sintomi persistenti
L’AIWS è una sindrome neurologica caratterizzata da dispercezioni visive e/o uditive o somestesiche, tra cui la macropsia (gli oggetti appaiono più grandi di quanto siano realmente), la micropsia (gli oggetti appaiono più piccoli), la teleopsia (gli oggetti appaiono più lontani), la pelopsia (gli oggetti appaiono più vicini), le metamorfopsie (i pazienti hanno l’illusione che il loro corpo o una parte del corpo si stia ingrandendo o rimpicciolendo) e la cromatopsia (alterata percezione dei colori). Le distorsioni possono interessare anche l’udito. Con i limiti legati all’età, solitamente i pazienti sono consapevoli che queste percezioni non sono reali, a differenza di quanto avviene nelle patologie psichiatriche come la psicosi. L’AIWS può presentarsi più comunemente in età pediatrica.
“Quando non associata a cause lesionali del sistema nervoso centrale, si può riscontrare in associazione a stati infettivi, oppure si presenta a brevissima distanza da essi” spiega a Univadis Italia Susanna Staccioli, neurologa pediatrica dell’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù, introducendo l’articolo (di cui è primo autore) in cui vengono presentati due casi pediatrici di AIWS correlati all’infezione da SARS-CoV-2.
Il primo è il caso di una bambina di 8 anni senza storia di cefalea o epilessia che ha sperimentato distorsioni visive (micropsia, macropsia, teleopsia) e allucinazioni uditive (dispercezioni uditive), talvolta associate a mal di testa. L’esordio dei sintomi è coinciso con un episodio febbrile (38°C). Tre giorni dopo è stata portata in ospedale perché i sintomi persistevano nonostante la scomparsa della febbre. L’esame neurologico non ha evidenziato nessun’altra problematica e l’unico test positivo è stato quello per SARS-CoV-2. I fenomeni visivi e uditivi, anche se meno frequenti, si sono presentati ancora per circa un mese, per scomparire del tutto 2 mesi dopo l’infezione.
Il secondo caso riguarda una bambina di 6 anni, anch’essa senza storia di cefalea o epilessia, che ha sperimentato distorsioni visive (metamorfopsia e cromatopsia). I sintomi ricorrenti, della durata di qualche minuto, si erano presentati 3 settimane prima dell’accesso al Pronto soccorso. Il tampone per SARS-CoV-2 ha rivelato un’infezione altrimenti asintomatica. I sintomi sono scomparsi con la risoluzione dell’infezione.
In entrambi i casi, l’eeg non presentava anomalie, non c’era correlazione tra fenomeni visivi e attività corticale e la risonanza magnetica cerebrale era normale. Commenta Staccioli: “Soprattutto nel primo caso, l’AIWS è durata più tempo rispetto a quello che si osserva di solito, come se in qualche maniera il virus SARS-CoV-2, con il suo neurotrofismo e il suo potenziale infiammatorio, avesse sostenuto un’infiammazione che ha fatto fatica a spegnersi. È un’ipotesi, da studiare perché i casi sono pochi. Nel follow up comunque è andato tutto bene”, commenta ancora l’autrice, ricordando che il decorso dell’AIWS in questi casi è benigno.
Indagare i sintomi
“Non è facile per i genitori prendere subito sul serio questi sintomi perché appaiono bizzarri. Accade spesso che i pazienti pediatrici con AIWS arrivino in ospedale quando i sintomi sono già insorti da qualche giorno. I racconti sono fantasiosi e i bambini hanno difficoltà a descriverli ma poiché ricorrono successivamente con le stesse caratteristiche, il genitore dopo un po’ ovviamente si allarma e si reca in PS”, racconta Staccioli. Dato che la diagnosi di AIWS si basa su una sintomatologia ben definita, è importante che i medici la indaghino attentamente, con una accurata anamnesi. “A volte chiediamo ai bambini di fare dei disegni di ciò che hanno visivamente percepito”, suggerisce.
“I genitori sono d’aiuto, a volte sono loro a raccontare ciò che il bambino ha riferito, senza la timidezza che mostra con noi in visita”, prosegue, aggiungendo che i genitori delle due pazienti con COVID 19 erano molto turbati, “Nel periodo della pandemia, al di là della sintomatologia preoccupante, era tutta la situazione a essere difficile”, ricorda.
La diagnosi differenziale, può comprendere, per esempio, le epilessie con sintomi visivi o disordini neuropsichiatrici. “A questo proposito c’è un articolo che spiega molto bene la cefalea con disturbi visivi (Frattale et al, 2023) o lesioni del sistema nervoso centrale” continua l’esperta.
Il neuroimaging, viene eseguito in condizioni particolari: è indicato quando i racconti del bambino non convincono completamente, quando non vi è un episodio infettivo in corso, quando l’età di esordio è molto precoce e quando ci sono altri sintomi/segni di allarme. “In ogni caso, dopo una valutazione di primo livello, il piccolo paziente viene inviato al centro cefalee per un adeguato follow-up”, conclude Staccioli. “È una sindrome a cui pensare, prima di porre un sospetto psichiatrico, ma ritengo si stia facendo molta informazione su questo con i pediatri di libera scelta”.
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