Cristina Ferrario   |   Pubblicato il 31/12/2024

Esiste un’associazione positiva tra l’esposizione materna a ondate di calore estremo durante la prima gravidanza e il rischio di difetti cardiaci congeniti (CHD) nel feto. Lo scrivono sulla rivista BMJ Paediatrics Open, gli autori di una metanalisi che ha preso in considerazione i dati di otto studi che hanno valutato tale associazione.

“Per difetto cardiaco congenito si intende un’anomalia strutturale del cuore o dei vasi sanguigni principali presente alla nascita. La loro eziologia è multifattoriale e l’impatto dei fattori ambientali non è ancora del tutto nota” scrivono gli autori, guidati da Malavika Krishnakumar, del Amrita Institute of Medical Sciences and Research Centre di Kochi (India), primo nome dell’articolo, ricordando che la maggior parte dei CHD si manifesta nel corso del primo trimestre di gravidanza, periodo cruciale per lo sviluppo del cuore.

Con l’incremento della temperatura legato al cambiamento climatico, le ondate di caldo estremo sono destinate a divenire sempre più frequenti e gravi e per questa ragione conoscere le conseguenze e identificare i fattori di rischio modificabili diventa fondamentale.

In Italia il Ministero della Salute dedica una sezione del proprio sito web al tema delle ondate di calore. In questa sezione è possibile anche consultare i “Bollettini delle ondate di calore”: per il 2024 i dati sulle previsioni delle ondate di calore sono stati pubblicati quotidianamente dal 20 maggio al 20 settembre 2024 e hanno interessato 27 città italiane.

I rischi non sono sempre uguali

La metanalisi ha utilizzato dati di popolazione per un totale di oltre 3,8 milioni di neonati provenienti da diverse regioni del pianeta: gli 8 studi inclusi nell’analisi ne comprendevano 4 dagli Stati Uniti, due dalla Cina, uno da Israele e uno dal Canada. Sono state effettuate anche analisi di sottogruppo per zone climatiche, definizioni di esposizione e regione di studio.

L’analisi ha mostrato che l’esposizione a ondate di calore estremo durante le 2-8 settimane successive al concepimento ha aumentato il rischio di CHD nella prole (OR=1,12). Come sottolineano Krishnakumar e colleghi, l’effetto minore è stato osservato negli studi condotti negli Stati Uniti (OR=1,01), quelli condotti nella zona climatica continentale hanno mostrato un effetto leggermente maggiore (OR=1,07), mentre quelli condotti nella zona climatica temperata hanno mostrato l’effetto maggiore (OR=1,35).

“I risultati dello studio sottolineano l’importanza dell’impatto del cambiamento climatico nella formulazione delle politiche di salute pubblica” affermano gli autori che poi concludono: “Il legame tra l’aumento della temperatura ambientale e il rischio di CHD deve essere esplorato in dettaglio da futuri studi di ricerca in altre parti del mondo”.