Benedetta Pagni   |   Pubblicato il 05/12/2024

I fattori di rischio cardiovascolare e l’obesità contribuiscono alla perdita di volume della materia grigia nel cervello, che si verifica prima e maggiormente nei maschi rispetto alle femmine. Sono queste le conclusioni pubblicate sul Journal of Neurology, Neurosurgery & Psychiatry dal team di lavoro guidato da Joseph Nowell, primo nome e ricercatore al Dipartimento di Scienze del Cervello dell’Imperial College di Londra, Regno Unito.

Emerge così che gli uomini di età compresa tra 55 e 64 anni sono particolarmente vulnerabili, con un declino cognitivo legato a questi rischi per la salute, mentre le donne sperimentano effetti simili un decennio dopo. Le aree principalmente coinvolte riguardano quelle responsabili dell’elaborazione delle informazioni uditive e visive e del processamento emotivo e della memoria. Queste ripercussioni erano evidenti anche in coloro che non sono portatori del gene APOE ε4, un gene correlato a un maggior rischio di Alzheimer e associato a un’età più precoce di insorgenza della malattia in alcune popolazioni. Circa il 15-25% delle persone ha questo allele e il 2-5% ne porta due copie, secondo l’Alzheimer’s Disease Genetics Fact Sheet.

Importanti le implicazioni di questo lavoro, soprattutto alla luce della crescente prevalenza di obesità e malattie cardiovascolari a livello globale. In Italia, secondo il sistema di sorveglianza in sanità pubblica PASSI, “il 43% della popolazione adulta è in eccesso ponderale, ovvero il 33% è in sovrappeso e il 10% è obeso” nel 2020-2021, con una prevalenza di molto maggiore negli uomini che nelle donne (51,46 vs 34,47, rispettivamente). Un andamento che aumenta fino a una certa età, poiché “riguarda il 27% dei 18-24enni, sale progressivamente al 54% dopo i 50 anni, raggiunge il 59% fra i 65-74enni ma si riduce progressivamente dopo i 75 anni fino al 49% fra gli over 85enni.” Lo stesso vale per il rischio cardiovascolare, con valori maggiori negli uomini che aumentano con l’eta, secondo il progetto Cuore dell’Istituto Superiore di Sanità.

Lo studio

Lo studio ha analizzato i dati di 34.425 partecipanti di età compresa tra 45 e 82 anni provenienti dalla UK Biobank. Utilizzando immagini di risonanza magnetica strutturale pesate in T1 del cervello, i ricercatori hanno condotto un’analisi morfometrica basata sui voxel per valutare i cambiamenti nel volume cerebrale. A questo, sono stati sommati il punteggio di rischio cardiovascolare di Framingham, le misurazioni del tessuto adiposo sottocutaneo e viscerale addominale, così da valutare l’impatto sul volume della materia grigia nei partecipanti.

È emerso che il rischio cardiovascolare e l’obesità influenzano significativamente il volume cerebrale, con gli effetti più pronunciati osservati nei maschi di età compresa tra 55 e 64 anni e nelle femmine di età compresa tra 65 e 74 anni. Queste associazioni erano coerenti sia nei portatori di APOE ε4 che nei non portatori. Questi risultati offrono così una finestra critica per un possibile intervento e verso chi indirizzarlo per mitigare il rischio di malattie neurodegenerative e declino cognitivo.

“Diversi meccanismi, tra cui infiammazione, leptina centrale e resistenza all’insulina, nonché la rottura della barriera ematoencefalica, potrebbero essere alla base di questa relazione e del conseguente danno neuronale. La riduzione del rischio cardiovascolare rappresenta un approccio promettente per trattare o addirittura prevenire lo sviluppo del morbo di Alzheimer. Prendere di mira il rischio cardiovascolare e l’obesità un decennio prima nei maschi rispetto alle femmine potrebbe essere fondamentale per i potenziali candidati per ottenere un beneficio terapeutico nella prevenzione della neurodegenerazione e del declino cognitivo” concludono gli autori.